Cercasi cuoco

Fonte: Italia a Tavola, di Matteo Scibilia, giugno 2016

Pier Giuseppe Viazzi, chef del Ristorante Arianna di Cavaglietto, commenta l’articolo di Matteo Scibilia dal titolo “Cercasi cuoco” comparso sul numero di giugno di “Italia a tavola”:

Oggi la professione del cuoco, come idea, sembra assolutamente di moda fra i giovani, ma quando si parla di lavorare… la realtà è ben diversa!

Sono tantissimi i ragazzi che si iscrivono alla scuola alberghiera perché sanno che il turismo è uno dei pochi settori trainanti nel nostro Paese e perché in televisione i programmi di cucina spopolano.

Ma poi quando davvero fanno i conti col mestiere dello chef, scoprono che gli orari non sono quelli “normali”: si è impegnati dal mattino alla sera, spesso bisogna allontanarsi da casa e si lavora il sabato e la domenica, che per i ristoranti sono giorni clou. Ma molti ragazzi non sono disposti a rinunciare ai loro momenti di divertimento, di fronte poi a uno stipendio che, rispetto al monte ore di lavoro, non è comunque adeguato.

Inoltre il cucinare comporta un impegno anche fisico che va al di là della semplice apparizione in tv e della preparazione del piattino… La giornata del cuoco è articolata anche perché è lui che si occupa dell’acquisto quotidiano di cibi e ingredienti, poi viene il tempo di cucinare e infine, quando i fornelli sono spenti, bisogna pulire e riordinare la cucina: la serata può diventare lunga…

Bisogna dire però che oggi il lavoro dello chef è facilitato dalla tecnologia: una volta si usavano  molto di più le braccia e ci si faceva i muscoli, ora con frullatori e impastatrici varie si risparmiano innegabilmente tempo e fatica; poi ci sono forni supertec che rendono ottimale la cottura dei cibi. E se un tempo le cucine erano ambienti caldissimi, per via di stufe e fornelli accesi, adesso in genere sono dotate di aria condizionata, quindi sono più vivibili.

E bisogna anche considerare che i tempi di ordinazione e di consegna si sono molto ridotti: un tempo lo chef ogni giorno si recava al mercato a scegliere personalmente i prodotti, e questo gli permetteva di stare molto più attento alla qualità, oggi ordina tutto per telefono.

Insomma, ci sono ancora ottime ragioni per buttarsi con serietà in un mestiere molto richiesto, che può dare grandi soddisfazioni, ma non si deve pensare di partecipare a una puntata di Masterchef: questa trasmissione, così come tutte le altre, suscita curiosità nel pubblico, ma non rende i piatti più creativi.

Del resto la cucina non si può definire creativa: non si è mai inventato niente, si è solo accostato in modo diverso i cibi e usato diverse modalità di cottura. I cuochi di oggi usano molto di più le spezie, dallo zenzero alla curcuma, perché la clientela è diventata internazionale: inoltre devono far fronte alle intolleranze alimentari e agli stili di vita particolari.

L’esperienza sul campo, per un giovane che voglia avviarsi alla professione di cuoco, è fondamentale: sono convinto che la scuola alberghiera potrebbe durare solo tre anni implementando le ore di pratica e dovrebbe fare sempre più da ponte con il mondo del lavoro: in questo senso l’obbligo dello stage imposto dalla riforma della scuola può sicuramente funzionare.

Ricordo che mio figlio Alberto, quando aveva 16 anni, al termine del triennio all’alberghiero, ha scelto di andare a lavorare a St Moritz: gli orari erano tassativi e in inverno era impegnato 80 ore la settimana. Una sera aveva la febbre e il suo matre, Molinari, gli ha detto: “Mi spiace per lei ma stasera lavorano anche i morti…” Per Alberto è stato un apprendistato importantissimo, come fare la formazione militare nei marines! Con il sacrificio ha imparato tanto e oggi, che ha 28 anni, lavora con soddisfazione in un albergo a Ginevra.

Qui all’Arianna in cucina mi aiuta Lorenzo, un diciassettenne di Cureggio. Frequenta l’alberghiero di Stresa e l’ho conosciuto quando mi è stato chiesto di tenere una serie di lezioni. A lui e ai suoi compagni di classe avevo chiesto: “Per diventare chef, che cosa siete disposti a sacrificare?” Solo in tre mi hanno risposto e lui era uno di quelli. Ora è con me, lavora seriamente e non ha paura di dedicare le serate alla sua crescita professionale…